“L’ingegnere elettronico è spesso visto come una figura associata a schede polverose, ma questa visione è lontana dalla realtà. Ogni innovazione che ci circonda deriva dal successo dei sistemi elettronici che rendono possibili i dispositivi che usiamo quotidianamente. È giunto il momento di cambiare la percezione comune dell’ingegnere elettronico: senza di lui, le scoperte più recenti, come Internet, o l’Intelligenza Artificiale, non potrebbero esistere. Non si tratta solo di software: senza hardware adeguato, tali tecnologie non potrebbero essere implementate, rimanendo concetti astratti”.

Questo è il messaggio che il Professor Gianluca Fiori, docente di Elettronica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, ha voluto lanciare ai giovani studenti, durante un’intervista per la Società Italiana di Elettronica.

Laureato in Ingegneria Elettronica presso l’Università di Pisa, ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca focalizzandosi sulla simulazione numerica di dispositivi nanoelettronici basati su materiali avanzati e innovativi, come il grafene. Durante il suo percorso formativo, ha trascorso un periodo di studio all’estero collaborando con SILVACO, una software house specializzata nello sviluppo di strumenti per la simulazione di dispositivi commerciali. Successivamente, ha proseguito la sua esperienza internazionale presso l’Università di Purdue, negli Stati Uniti, riconosciuta a livello mondiale per la sua eccellenza nella ricerca e nelle applicazioni legate alla simulazione di dispositivi.

“Da sempre mi occupo di simulazioni, inizialmente nel campo del silicio, e dal 2010 ho orientato la mia ricerca verso i materiali avanzati e innovativi, come il grafene. Ho sviluppato codici open source e metodologie per studiare le proprietà di questi nuovi materiali, analizzandoli dal livello atomico fino alla scala circuitale. Nel 2015 ho iniziato a concentrare la mia attenzione sulla fabbricazione di dispositivi attraverso tecnologie di stampa a getto di inchiostro, utilizzando inchiostri a base di materiali bidimensionali per realizzare dispositivi su substrati biodegradabili e riciclabili, come la carta. Questo lavoro ha costituito la base del mio primo progetto ERC”.

L’applicazione dell’elettronica al settore biomedico

Il Prof. Fiori spiega che una delle nuove sfide che l’elettronica si trova ad affrontare è la possibilità di definire circuiti elettronici in grado di essere deposti su qualsiasi superficie, indipendentemente dalla sua rugosità. L’obiettivo è quello di fabbricare circuiti con un elevato livello di complessità, arrivando anche a diverse migliaia di transistor su un substrato flessibile anziché su materiali rigidi come il silicio. Per raggiungere questo traguardo, è essenziale sviluppare non solo substrati flessibili, ma anche materiali estremamente sottili, con proprietà semiconduttive, conduttive e isolanti. La scelta è ricaduta sui materiali bidimensionali, che sono i più sottili disponibili, spessi solo pochi atomi, pari a circa un millesimo di micron.

“I materiali bidimensionali rappresentano i materiali più sottili mai creati dall’uomo, ridotti a uno spessore di appena uno strato atomico. Questa caratteristica apre nuovi scenari per l’elettronica, consentendo la realizzazione di dispositivi conformabili, in grado di adattarsi perfettamente alla rugosità del substrato su cui vengono depositati. Questa flessibilità offre innumerevoli applicazioni. Ad esempio, con substrati così sottili, è possibile immaginare dispositivi che possono essere applicati direttamente sulla pelle, risultando comodi e impercettibili una volta indossati. Un potenziale utilizzo è nel campo biomedico, per la misurazione di parametri fisici. Nel progetto ERC SKIN2DTRONICS recentemente finanziato, ci siamo concentrati su applicazioni che possono essere realizzate solo grazie a questa estrema sottigliezza. Una delle idee principali è utilizzare questi chip su superfici altamente rugose, come quella del cervello, garantendo al contempo un ingombro minimo. Attualmente, soluzioni come quelle di Neuralink prevedono componenti rigide, con le informazioni che passano attraverso un connettore cementificato nella scatola cranica. I materiali bidimensionali, invece, permetterebbero di superare queste limitazioni, offrendo un approccio più flessibile e meno invasivo”.

La visione del gruppo di ricerca del Prof. Fiori è quella di integrare sensori e componenti circuitali in un unico dispositivo compatto, immaginando un sistema grande quanto un francobollo, che possa essere posizionato nel cervello per estrarre, elaborare e trasferire informazioni. La trasmissione dei dati potrebbe avvenire tramite onde radio, leggibili direttamente da un dispositivo come uno smartphone. In questo immaginario, l’applicazione riguarda il monitoraggio della recrudescenza di un tumore raro e aggressivo come quello al cervello, il glioblastoma. Dopo l’asportazione chirurgica, nel cervello rimane una cavità, e il rischio di recidiva è particolarmente elevato, soprattutto lungo i bordi di questa cavità.

“Disporre di un substrato in grado di adattarsi perfettamente alla forma irregolare della cavità è fondamentale per assicurare un monitoraggio continuo e accurato. Al momento, il controllo avviene esclusivamente tramite risonanza magnetica, una procedura onerosa e non adatta a un monitoraggio frequente. La nostra soluzione offre un approccio innovativo, in grado di abbattere i costi e migliorare significativamente la frequenza e l’efficacia del monitoraggio post-operatorio, garantendo una sorveglianza più tempestiva e affidabile”.

Un ulteriore esempio è il prototipo di pannolino smart, pensato non per bambini, ma per adulti fragili o allettati, realizzato all’interno del progetto WASP. Questo dispositivo è in grado di rilevare automaticamente l’umidità e di segnalare quando è necessario l’intervento di un infermiere. Questa tecnologia è particolarmente utile, poiché spostare i pazienti può essere rischioso, aumentando la possibilità di fratture. Per realizzare questi dispositivi sono stati utilizzati sensori stampati su substrati flessibili, basati su materiali bidimensionali e organici, in grado di rilevare l’umidità e trasmettere i dati a un lettore, come uno smartphone.

Il Prof. Fiori conclude l’intervista con una riflessione cruciale sullo stato attuale dell’ingegneria elettronica: “Tutte le grandi innovazioni tecnologiche sono state rese possibili dai progressi dell’elettronica, mentre il software, inizialmente in ritardo, ha seguito l’evoluzione dell’hardware. Oggi, ci troviamo in una fase dove l’hardware è in ritardo rispetto alle esigenze imposte dal software. Le future sfide tecnologiche riguarderanno la creazione di sistemi energeticamente efficienti, per evitare che diventino il collo di bottiglia per applicazioni come l’Intelligenza Artificiale e altre tecnologie software emergenti”.