La Prof.ssa Francesca Palumbo dell’Università di Cagliari, intervistata dalla Società Italiana di Elettronica, punta l’attenzione su due aspetti importanti per le scelte dei giovani che si affacciano al mondo universitario: l’importanza di un buon metodo di studio e la fiducia nel proprio percorso, al di là delle paure iniziali.
“La paura di scegliere il percorso di studi, in fondo, non dovrebbe esistere quando si hanno delle buone basi”.
È con queste parole che la Prof.ssa Palumbo ha iniziato a raccontare del momento in cui si è trovata a scegliere il suo corso di laurea.
“Ricordo che, davanti all’enorme mole di fisica e matematica che avrei dovuto affrontare, mi sono chiesta più volte se le mie basi fossero davvero sufficienti. Ma col tempo ho capito che ciò che conta di più è il metodo. Essere pronti al percorso con un atteggiamento aperto e consapevole fa davvero la differenza”.
La sua esperienza personale dimostra che anche una formazione classica può fornire buone basi per gli ambiti scientifici.
“Ho una formazione classica, durante la quale mi sono appassionata alla fisica e, in particolare, all’elettronica. Inizialmente avevo il timore di non avere le basi giuste per affrontare un percorso tecnico, ma il mio professore di fisica mi rassicurò dicendomi che, proprio grazie al liceo classico, avevo sviluppato una forma mentis solida e versatile, capace di affrontare qualsiasi corso di laurea. Fu lui, con i suoi preziosi consigli e un discorso illuminante sugli sbocchi professionali dell’elettronica, a indirizzarmi verso questa strada. Mi sono così iscritta al corso di laurea in Ingegneria Elettronica presso l’Università di Cagliari, con un interesse particolare per l’ambito dello sviluppo hardware, e in particolare per l’elettronica digitale”.
La prof.ssa Palumbo ha sottolineato, inoltre, che ogni percorso universitario presenta delle difficoltà, ma ognuno richiede abilità diverse:
“Ingegneria elettronica è sicuramente una facoltà impegnativa, ma non lo è più di altre. Ogni percorso ha le sue sfide: ad esempio, giurisprudenza richiede una grande capacità di memorizzazione, che è a sua volta un’abilità. Anche lo studio del greco classico mi ha lasciato qualcosa di profondo: mi ha insegnato a ragionare, a decifrare, a vedere oltre le parole. Ed è lo stesso tipo di pensiero analitico e strutturato che ritrovo oggi nelle materie scientifiche. Alla fine, ciò che resta davvero è la capacità di pensare, e quella si costruisce un passo alla volta, qualunque sia la strada che si sceglie”.
L’ingegneria elettronica e i sistemi embedded
“Mi occupo di sistemi embedded e di dispositivi edge, ovvero tecnologie vicine all’utente perché portatili o indossabili. Il mio lavoro consiste nel portare la computazione complessa il più possibile vicino alla fonte dell’informazione. Per esempio, significa integrare l’intelligenza artificiale direttamente nelle telecamere di sorveglianza o in un braccialetto da polso per il monitoraggio dei parametri vitali. È un ambito fortemente legato all’informatica, ma senza i dispositivi e le architetture progettati dagli ingegneri elettronici, quell’AI vicina alle persone non potrebbe essere supportata. L’elettronica è diventata parte integrante e pervasiva della nostra vita: c’è, funziona, e spesso la diamo per scontata. Ma dietro un assistente vocale come Alexa, c’è qualcuno che ha progettato l’hardware su cui tutto si basa”.
La prof.ssa Palumbo ci ha illustrato il nuovo progetto a cui sta lavorando, basato sull’utilizzo del natural language processing (NLP), ovvero la capacità dell’intelligenza artificiale di comprendere e analizzare il linguaggio umano. Il progetto si inserisce nell’ambito della smart agriculture, un settore in cui si fa sempre più affidamento su dispositivi complessi. L’obiettivo è rendere l’interazione con questi strumenti più semplice ed efficiente, ad esempio attraverso comandi vocali. Questo approccio non solo migliora l’esperienza d’uso, ma aumenta anche la sicurezza, poiché consente all’operatore di controllare i dispositivi senza doverli toccare fisicamente.
“Per intenderci, un dispositivo come Alexa non funzionerebbe in una campagna isolata della Sardegna, dove non c’è accesso a Internet. Portare quella complessità ‘vicino’ alla persona significa rendere possibile l’elaborazione direttamente sul dispositivo, senza dipendere necessariamente dalla connessione. Questo richiede un grande lavoro sull’architettura del sistema e sulle capacità hardware: è qui che l’ingegneria elettronica diventa fondamentale. Senza una solida base elettronica, tutta l’intelligenza artificiale non avrebbe un supporto fisico su cui operare”.
MYRTUS è un altro progetto a cui la Prof.ssa Palumbo sta lavorando, con l’obiettivo di utilizzare l’intelligenza artificiale non per lo sviluppo di applicazioni, ma per la gestione dei sistemi di calcolo. Infatti, l’elaborazione in locale (edge computing) non è sempre sufficiente. Oggi il trend più rilevante è la creazione di un continuum computazionale: una rete di dispositivi, dal più vicino all’utente fino al cloud, che collaborano tra loro.
“In alcuni scenari, come nel caso di un braccialetto indossabile, la potenza di calcolo è limitata e si rende necessario affidarsi al cloud. In altri casi, invece, per risparmiare energia e ridurre la latenza, è preferibile elaborare localmente, evitando l’invio dei dati, l’attesa della risposta e il conseguente dispendio energetico. Questo continuum, per quanto potente, è difficile da gestire: spesso la distribuzione delle risorse è stabilita manualmente e rimane statica. MYRTUS propone un approccio innovativo, in cui è l’intelligenza artificiale a gestire dinamicamente le risorse disponibili, adattandosi al contesto e alle esigenze in tempo reale. Non si tratta di un progetto legato a una specifica applicazione, ma di una soluzione trasversale, applicabile a moltissimi ambiti diversi”.
Un altro progetto, sviluppato nell’ambito del PNRR, riguarda il riconoscimento di comportamenti stereotipati legati alla sindrome di Rett, attraverso l’utilizzo di un braccialetto indossabile. L’obiettivo è individuare, tramite l’analisi locale dei dati rilevati dai sensori sul bracciale, movimenti ripetitivi delle mani tipici della sindrome e attivare in risposta un sistema domotico in grado auspicabilmente di interrompere in maniera non invasiva questi comportamenti.
“Ad esempio, il braccialetto può comunicare via Bluetooth con l’ambiente circostante per attivare luci o suoni, come una melodia, che distraggano e distolgano l’attenzione dal gesto compulsivo”.
Consigli per i futuri ingegneri elettronici
Il ruolo dell’ingegnere elettronico nell’ambito dei sistemi embedded è quello di trovare soluzioni nuove. Bisogna sviluppare architetture in grado di rispondere a esigenze sempre più caratterizzate da ottime prestazioni, velocità e funzionalità. Le architetture devono essere low power e abbiamo a che fare con un set di risorse limitate.
“La sfida è portare quanto più vicino a noi le architetture che ci servono, rispettando l’ambiente in cui viviamo. Non ci sono confini nei sistemi embedded ed è stimolante. Consiglio sempre ai miei studenti, nel momento in cui devono scegliere la laurea magistrale, di non chiudersi in una scatola. Oggi sono molto in voga percorsi fortemente orientati a settori specifici, come la robotica o l’automotive. Questo è molto interessante, ma il mio invito è a mantenere una visione ampia e trasversale, perché il mondo della tecnologia evolve rapidamente e ciò che oggi è centrale, domani potrebbe essere superato”.
La prof.ssa Palumbo ha concluso la sua intervista sottolineando che non può esserci un futuro senza l’elettronica o senza l’informatica, che spesso vengono viste come discipline separate, quasi in contrapposizione, ma in realtà devono essere alleate.
“Noi ci occupiamo di sviluppare architetture, ma chi progetta i dispositivi deve conoscere a fondo i meccanismi della computazione. Solo così è possibile creare soluzioni davvero efficaci e innovative. Il mio consiglio è di restare sempre aggiornati, curiosi, con lo sguardo rivolto al mondo. Discipline come l’elettronica e l’informatica sono cruciali perché rispondono a un bisogno reale: siamo affamati di innovazione, e servono persone capaci di costruirla.
La vera sfida è questa: come possiamo trasformare il mondo in cui viviamo in un mondo più sostenibile? Come possiamo appassionarci al miglioramento delle tecnologie che ci circondano? Non possiamo tornare indietro, ma possiamo, e dobbiamo, andare avanti, migliorando ogni passo”.